Non
sommare scuole a scuole
Sento
parlare della banda della Non Scuola da anni. E' un'esperienza su cui
c'è molto da dire; qualcuna
inizia a farlo. La considero un buon modo per non sommare all'idea
di scuola un'altra scuola, come quelle di teatro che in tanti fanno perpetuando
culture teatrali (sane o insane che siano) che non riescono a comunicare.
Con gli altri, tanti,
ragazzi della Non Scuola, si percorrerà invece questo viaggio fatto
di sguardi. L'esperienza sta lievitando, nella seconda tappa per Ravenna Festival, con "L'isola d'Alcina" incorniciata nel piccolo teatro all'italiana di Cervia, emergono ancora altri sguardi dei ragazzi che da una parte riflettono, come silvia, su "le parole per dire il caos" che dall'epos cavalleresco di Ariosto alla drammaturgia romagnola di Nevio Spadoni scandagliano l'incubo, dall'altra colgono, come cinzia, l'archetipo principale dell'operazione, ovvero "il femminile-terribile dagli abissi uterini". In un gruppetto (alberta alessandra elisa mauro perla silvia) si mettono a ragionare-parlare-scrivere davanti al computer e ci lasciano schegge sul "sentire la forza", rilevano(alessandra) immagini forti e rivelatrice "il verde malato, come un'infezione" e s'interrogano,come perla, "Perché Ermanna fa paura", anche perché non ha visto ancora lo spettacolo. Si accresce anche la consapevolezza di quella scrittura connettiva di cui parlo e cinzia, lancia un bel segnale, "la messa in vita", che conferma il senso condiviso del nostro percorso. Troviamo nel web una bella Kali che ci ricorda sia Alcina che la strega di Lus. Altra tappa del Cantiere Orlando è il Festival di Santarcangelo dove il Teatro delle Albe ha presentato sia "L'isola d'Alcina" che "Baldus", e ne parliamo-scriviamo, dando luogo alle "intrusioni degli occhi". C'incontriamo anche, ritagliamo degli spazi e dei tempi al programma del festival (dove comunque presentiamo il nostro progetto on line in un incontro su "la comunicazione del teatro"). Ci vediamo al bar e finalmente ci confrontiamo con il gruppo di spettatori aggregati dal Centro di Pontedera. Parliamo del lavoro dello spettatore mentre da Pontedera emerge un'impostazione orientata più "sullo spettatore",ecco è qui uno dei punti critici della questione. Si iniziano a raccogliere dei "dubbi sullo spettatore preparato". |
Ermanna/strega di Lus |
Un
percorso attraverso l'incomprensibilità
Caro
diario, |
I
"chi"
La luce estiva ci
consente di trattenerci per un'oretta all'aperto, nel giardino del Rasi,
dove sotto ad un pioppo, assunto come simbolo e testimone dei nostri incontri,
formiamo un cerchio. Decidiamo i compiti per gli incontri successivi,
chi racconta cosa, chi come racconta cosa. |
"Ruggero arriva sull'Ippogrifo" |
Scrittura collettiva sotto il pioppo 1
1) Donne, cavalieri,
l'arme e l'amore |
Scrittura
collettiva sotto il pioppo 2
Stare a filosofeggiare
su tutto, sulla vita. |
"parlare di poemi cavallereschi riconduce alla vita di oggi." |
Dalle
radici del pioppo alle costellazioni
mi presento, sono
Rudy. Ti scrivo da Ravenna per dirti che ho partecipato all'incontro fatto
al Teatro
Goldoni prima dell'anteprima nazionale de "L' Isola di Alcina"
del Teatro delle Albe,
per la Biennale di Venezia.
Ebbene sia, provengo dalla "NON-SCUOLA" delle Albe, ma diciamo
che non sto
seguendo in prima persona questo progetto, anche se so quasi tutto. Non
lo seguo in prima
persona, perché non ho partecipato a questo progetto "speciale
ETI", ma sono un
"palotino" dello spettacolo "I
Polacchi".
Mi ha colpito molto l'incontro, soprattutto la parte riguardante il rapporto
possibile tra teatro
e internet. Sono molto interessato al "diario di bordo" e riportetà
questa esperienza di
Venezia a quante più persone mi sarà possibile il 15,16,17
giugno al Teatro Litta di
Milano, dove participerò come allievo-attore del Teatro delle Albe
al "premio alla
vocazione-Hystrio" della rivista teatrale omonima.
Cercherò di spargere la voce ed invitarli ad aprire delle "finestre".
|
Scrivono
come sentono |
Trafiggimenti, desideri e abbagli
Pezzi di frasi captate
in pullman al ritorno da Venezia alle ore 3 di notte sulla Via Romea :
Il
destino scritto dalle stelle |
Senza
la possibilità di ribellarsi Alcina mi ha preso con sé, mi parlava, io ero lì vicino a lei, non tra il pubblico in platea, ma dentro la sua vita, la sua storia che disperatamente raccontava. Mi sentivo una sua amica di infanzia, una con cui si confidava, apriva il suo cuore. Mi ha turbato questa sua storia, mi prendeva lo stomaco, perché lei era lì, sembrava forte, piena di energie, ma in realtà era una donna debole, che usava quell'energia, derivante dalla rabbia che provava per la triste vita che é stata costretta a vivere, per continuare ad andare avanti. Oramai però era stanca, troppo sofferente, per il peso di un nome che le ha pregiudicato la felicità; la spensieratezza di essere bambina, costantemente paragonata alla sorella, la principessa, come la chiamavano, che é impazzita per amore di un bel forestiero che poi l'ha abbandonata. Mi chiedevo, ma si può veramente impazzire per amore, per una stupida infatuazione che non ha neanche avuto il tempo di trasformarsi in amore? Questa cosa mi faceva stare male, all'inizio guardavo la sorella di Alcina e pensavo a me, cosa avrei fatto se mi fosse accaduta la stessa cosa, ossia essere abbandonati e pensavo che Alcina era perfida a provare tanto odio e invidia per la sorella, fino al punto di sedurre il suo innamorato, ma poi, la disperazione di Alcina é diventata per me superiore a quella della sorella, ella era incatenata in quella realtà, il canile, l'essere più brutta della sorella, essere considerata una specie di strega, nulla più poteva fare Alcina, se non provare a vendicarsi di quella stessa situazione, provando a sedurre e far innamorare il bel forestiero, ma anch'essa fu abbandonata da costui. Sfiduciata, triste, senza più nessuno scopo nella vita ha deciso di rimanere con la sorella, di condividere con lei il fallimento di una vita, forse causato da una piccola, troppo piccola realtà di paese, o forse semplicemente perché questo era il loro destino. Penso che lo spirito di Alcina sia in tante donne, nate i primi del secolo novecento e che ora sono alla fine della loro vita, passata in piccoli paesi dell'entroterra romagnolo, ma non solo, la cui personalità é stata schiacciata e frantumata da quelle realtà, senza possibilità di ribellarsi e di opporsi. La voce di Alcina, mi ha trapassato il cuore, mi penetrava dentro, essa era un concentrato di sensazioni, di energie che non mi potevano lasciare indifferente, essa faceva sentire una scatenata disperazione, per troppo tempo repressa e che ora stava uscendo con un'indomabile forza, e dove ad un certo punto, senza accorgermene, anche io facevo parte di quella disperazione, che non si placava e più Alcina parlava, più la sua voce si caricava di forza e di energia, fino a giungere alla completa perdita del mio essere e diventare quello di Alcina, con la conclusione di un istupidimento insieme a lei, facendomi rinvenire, solo con la presa di coscienza che lo spettacolo era finito, tra gli applausi del pubblico, ma che sicuramente ha lasciato un forte segno dentro di me. (elisa) |
L'energia
alchemicamente sintetizzata La visione dell'Alcina: inquietante, dolente, mostruosa, irritante, sofferente. Lo spettatore viene investito dalla furia magica di streghe, cani rabbiosi, suoni che mitragliano le orecchie, perforano i timpani e bucano il cuore. Si esce dal teatro ammaccati e massacrati. La musica del testo ti attraversa e ti riformula senza che tu possa in alcun modo opporti. Come il corpo di Ermanna é squassato da scariche elettriche sonore e lo si vede vibrare visibilmente, così l'involucro umano appoggiato alla sedia subisce le vibrazioni che si propagano. Ecco dove irrompe l'energia che viene alchemicamente sintetizzata sul palco: sugli spettatori inermi ed indifesi. Se scegli di partecipare al rito, una volta dentro il cerchio non puoi spezzare la catena: il processo estatico ti farà uscire da te, anche contro la tua volontà. Ecco la manifestazione dell'isola, dove la follia é l'unica esperienza esistenziale consentita, che sia cristallizzata sotto una bruna chioma o biondi capelli. L'aria trema per la potenza dell'uragano sonoro, in cui si dispiega l'Alcina impietosa. l'ombra dello straniero resta e resta la sua aura, imperituramente, a riprodurre eventi-shock nelle vite delle donne. Al rinnovarsi del ciclo nuovi spettatori affluiranno.(cinzia) |
Prima
sbavano e poi se la filano Scuri gli occhi che mangiano tutta la scena. Flash: 2 figurine opache e taglienti, e immobili e tese, in semiluce per 5 secondi. Poi buio. I respiri si concentrano e c'é qualcuno che salta sulla sediolina quando arriva il rumore. Sembra un treno che fischia o urla all'inizio, poi non si capisce più niente, forse colpettino di unghie lunghe sul ferro, rumori che non riesco a dargli un nome. Ritornano finalmente le 2 dame del quadro di prima, sempre composte sul loro sofà verde-fastidio, una nera, l'altra bionda. Una in abito verde-fastidio e l'altra in abito rosso come il fuoco, e i loro occhi grandi che ti mangiano. Fanno paura. E come se non bastasse la bionda ride a intervalli, cristallina e spietata e ha un'aria tra il patetico e il sofferente, e l'altra, Alcina, non ne può più. Modula la voce: dal singhiozzo della formica, fino a voler coprire l'istupidimento della sorella-dama, con la potenza del fiato di un orco, e poi ci si mette anche lei e partecipa con la sorella alla risata. La sua é cattivissima e ironica. Alcina della sorella se ne sarebbe già sbarazzata, se non si fosse istupidita. Insmida. Tutte e due sono istupidite. Dopo che il loro cavaliere le ha lasciate. Maledizioni agli uomini, prima sbavano, e poi se la filano. Come i cani. Sotto il salotto delle dame c'é il garage per i cani. I loro cani che un tempo il padre, scappato anche lui chissà dove, ha lasciato in consegna. Sono insopportabili, puzzolenti, affamati, nudi, sbavosi. Infedeli come gli uomini. In gabbia e con il mangiare forse stavano calmi e Alcina può continuare a badare alla sorella fino alla fine perché le fate non possono morire. Purtroppo.(stefania) |
Dove l'amore e l'odio s'incrociano
Alcina é rabbiosa; odiare é forse l'unico modo che ha trovato per non impazzire come sua sorella. Odia tutti: "e furistir" e gli uomini, i cani e sua sorella... odia anche l'amore che l'ha portata a compiere quel gesto, a stregare lo spasimante di sua sorella per possederlo; odia se stessa per aver ceduto ai sentimenti, per essersi "insmida". L'odio che Ermanna sputa in faccia al pubblico non é finzione, fa tremare e soffrire. Fa paura. La cosa che consola é sapere che alla fine Alcina ha rinunciato alla sua vita per stare accanto alla sorella e l'ha fatto per amore. Questa isola, dove l'odio e l'amore si incrociano e nascono l'uno dall'altro, é il riassunto della vita umana, governata da questi sentimenti così deversi e così vicini. (giovanna) |
Il cuore afferrato con una mano
Un metro, una cornice, rigida. Dietro c'é Ermanna, nera. E' lei che comanda. Traina la bionda candida sorella con una fare innato del suo essere. Un cavaliere appare, si materializza nell'icona, attimi, tensione. Ermanna é l'imperatrice, canta in dialetto l'istupidimento furioso. Una musica tagliente che ti entra nel corpo e ti afferra il cuore con una mano. Immobile. Ermanna fa paura. (mauro) |
Pensare prima di parlare Non ho niente da scrivere, anzi non e' vero, ma non voglio scrivere niente perche' voglio vedere questo spettacolo fino allo sfinimento fino a quando ogni particolare, ogni immagine sara' impressa nella mia mente. perche' devo dire qualcosa di questo spettacolo se ogni 5 minuti cambio idea? scriverei qualcosa di fasullo, di falso. perche' lo devo fare? prima di parlare ho imparato o sto cercando di imparare che bisogna pensare... beh io non l'ho ancora fatto abbastanza. ho in mente scene, sensazioni provate sul momento, paura... incomprensione. voglia di ridere come alcina o la sorella. ma sono cose mie e non so o forse non voglio esprimerle perche' alcina di certezze non ne ha date. anzi mi ha aggiunto dei dubbi... ma questo e' un bene o un male? ooooh... mi sono insmida mio dio! questo spettacolo e' contagioso... ecco vedi sto iniziando a parlarne. basta meglio chiudere. (alberta) |
e
se il pensiero venisse anche dopo aver parlato e/o scritto?
Una finestra aperta da Carlo sulla perplessità posta da Alberta. |
|
VIAGGIO NEL CANTIERE ORLANDO
Mi presento: fino a questo momento ho collaborato con il Teatro delle
Albe occupandomi prevalentemente di laboratori teatrali. Faccio parte
della formazione degli "allenatori" della non-scuola
da quasi quattro anni. Sul Teatro delle Albe sono preparata, ho scritto
una tesi di laurea e subito dopo un articolo su Perhinderion
e I Polacchi, i due lavori delle Albe dedicati a Jarry. |
"il femminile-terribile dagli abissi uterini"
"il verde malato, come un'infezione"
"Dimenarsi nella pelle dei personaggi"
"Dubbi sullo spettatore preparato"
Da "Conversazioni con Judith Malina"